1-Chiesa Parrocchiale Santa Maria della Speranza-Olmo-Perugia-(Anno 2009)

VIA DON DARIO PASQUINI-OLMO-PERUGIA-SS.MESSE:GIORNI FERIALI ORE 18.00-DOMENICA ORE 9.00-11.00 -PARROCO:DON FABIO QUARESIMA-TEL.0755172106-CELL.3387622916

2-Chiesa Parrocchiale San Pietro Apostolo-Chiugiana-Perugia - (Anno-1602)

VIA FLEMING-CHIUGIANA-PERUGIA-IN QUESTO PERIODO NON CI SONO MESSE LA DOMENICA-PARROCO:DON FABIO QUARESIMA-TEL.0755172106-CELL.3387622916

3-Chiesa Parrocchiale di San Martino-Fontana-Perugia - (Anno-1163)

STRADA FONTANA-LA TRINITA'-CORCIANO-PG-Non Viene Celebrata la S.Messa-PARROCO:DON FABIO QUARESIMA-TEL.0755172106-CELL.3387622916

4-Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista-Olmo-Perugia-(Anno-)

Non Viene Celebrata la S.Messa- PARROCO:DON FABIO QUARESIMA-TEL.0755172106-CELL.3387622916

5-Chiesetta della Trinità-Colle della Trinità-Perugia-(Anno-1300)

VIA DELLE ROSE-LOC.FONTANA-CORCIANO-PG-Non Viene Celebrata la S.Messa-PARROCO:DON FABIO QUARESIMA-TEL.0755172106-CELL.3387622916

domenica 26 febbraio 2012

PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini











PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA
26 FEbbraio 2012
Anno (B)
Colore Liturgico : VIOLA

MONIZIONE AMBIENTALE

La Quaresima è l’itinerario di preparazione e il portale di ingresso al mistero pasquale. Un cammino strutturato sulla tipologia biblica dei quaranta giorni di Mosè al Sinai, dei quaranta anni di Israele nel deserto, dei quaranta giorni di Gesù digiunante prima di iniziare il suo ministero pubblico.

Non è tanto un tempo cronologico quello che si apre oggi davanti a noi, ma un tempo di salvezza.

Questo tempo quaresimale è accompagnato da uno spazio: il DESERTO. Come quello di Giuda col suo terreno arido e pietroso, interrotto solo da qualche ciuffo d’erba, da qualche rarissimo ed esile stelo di fiore, dalle rare oasi. Il deserto per la Bibbia e per tutti noi è una situazione dell’esistenza, è il luogo del rischio e della tentazione, della apparente solitudine e della pace; è il luogo dell’incontro con Dio.

MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA

La prima lettura descrive l’alleanza di Dio con Noè, l’uomo emerso dal diluvio, segno del giudizio divino sulle prepotenze e i crimini dell’umanità. L’arcobaleno è il simbolo dell’arco dell’ira di Dio ormai deposto e mai più imbracciato dal Signore. Le acque del nulla e della morte d’ora in poi saranno bloccate da Dio, nei cieli rifulgerà lo splendore di una nuova giornata e sulla terra si muoverà un’umanità rinnovata.

MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA

La prima lettera di Pietro è ritenuta dagli studiosi un’ampia catechesi battesimale. L’acqua è figura del battesimo, esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, è veicolo di salvezza per tutti noi.

MONIZIONE AL VANGELO

Il Gesù nel deserto che Marco ci racconta viene sospinto e sorretto per quaranta giorni dallo Spirito.
Affronta la tentazione, convive con le fiere e viene servito dagli angeli. Nella solitudine dei monti di Giuda si aggiravano i lupi, si udiva il grido lacerante dello sciacallo, strisciavano i serpenti velenosi.
Tutti questi animali assumono un valore simbolico, sono le insidie che incontriamo ogni giorno della vita. Ci sconcerta e ci incoraggia il fatto che Gesù vive in mezzo a loro in piena armonia, come per ricreare l’orizzonte paradisiaco del giardino dell’Eden.




venerdì 24 febbraio 2012

PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini











PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA
26 FEbbraio 2012
Anno (B)
Colore Liturgico : VIOLA

MONIZIONE AMBIENTALE

La Quaresima è l’itinerario di preparazione e il portale di ingresso al mistero pasquale. Un cammino strutturato sulla tipologia biblica dei quaranta giorni di Mosè al Sinai, dei quaranta anni di Israele nel deserto, dei quaranta giorni di Gesù digiunante prima di iniziare il suo ministero pubblico.

Non è tanto un tempo cronologico quello che si apre oggi davanti a noi, ma un tempo di salvezza.

Questo tempo quaresimale è accompagnato da uno spazio: il DESERTO. Come quello di Giuda col suo terreno arido e pietroso, interrotto solo da qualche ciuffo d’erba, da qualche rarissimo ed esile stelo di fiore, dalle rare oasi. Il deserto per la Bibbia e per tutti noi è una situazione dell’esistenza, è il luogo del rischio e della tentazione, della apparente solitudine e della pace; è il luogo dell’incontro con Dio.

MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA

La prima lettura descrive l’alleanza di Dio con Noè, l’uomo emerso dal diluvio, segno del giudizio divino sulle prepotenze e i crimini dell’umanità. L’arcobaleno è il simbolo dell’arco dell’ira di Dio ormai deposto e mai più imbracciato dal Signore. Le acque del nulla e della morte d’ora in poi saranno bloccate da Dio, nei cieli rifulgerà lo splendore di una nuova giornata e sulla terra si muoverà un’umanità rinnovata.

MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA

La prima lettera di Pietro è ritenuta dagli studiosi un’ampia catechesi battesimale. L’acqua è figura del battesimo, esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, è veicolo di salvezza per tutti noi.

MONIZIONE AL VANGELO

Il Gesù nel deserto che Marco ci racconta viene sospinto e sorretto per quaranta giorni dallo Spirito.
Affronta la tentazione, convive con le fiere e viene servito dagli angeli. Nella solitudine dei monti di Giuda si aggiravano i lupi, si udiva il grido lacerante dello sciacallo, strisciavano i serpenti velenosi.
Tutti questi animali assumono un valore simbolico, sono le insidie che incontriamo ogni giorno della vita. Ci sconcerta e ci incoraggia il fatto che Gesù vive in mezzo a loro in piena armonia, come per ricreare l’orizzonte paradisiaco del giardino dell’Eden.




PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini










PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA
26 FEbbraio 2012
Anno (B)
Colore Liturgico : VIOLA

MONIZIONE AMBIENTALE

La Quaresima è l’itinerario di preparazione e il portale di ingresso al mistero pasquale. Un cammino strutturato sulla tipologia biblica dei quaranta giorni di Mosè al Sinai, dei quaranta anni di Israele nel deserto, dei quaranta giorni di Gesù digiunante prima di iniziare il suo ministero pubblico.

Non è tanto un tempo cronologico quello che si apre oggi davanti a noi, ma un tempo di salvezza.

Questo tempo quaresimale è accompagnato da uno spazio: il DESERTO. Come quello di Giuda col suo terreno arido e pietroso, interrotto solo da qualche ciuffo d’erba, da qualche rarissimo ed esile stelo di fiore, dalle rare oasi. Il deserto per la Bibbia e per tutti noi è una situazione dell’esistenza, è il luogo del rischio e della tentazione, della apparente solitudine e della pace; è il luogo dell’incontro con Dio.

MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA

La prima lettura descrive l’alleanza di Dio con Noè, l’uomo emerso dal diluvio, segno del giudizio divino sulle prepotenze e i crimini dell’umanità. L’arcobaleno è il simbolo dell’arco dell’ira di Dio ormai deposto e mai più imbracciato dal Signore. Le acque del nulla e della morte d’ora in poi saranno bloccate da Dio, nei cieli rifulgerà lo splendore di una nuova giornata e sulla terra si muoverà un’umanità rinnovata.

MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA

La prima lettera di Pietro è ritenuta dagli studiosi un’ampia catechesi battesimale. L’acqua è figura del battesimo, esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, è veicolo di salvezza per tutti noi.

MONIZIONE AL VANGELO

Il Gesù nel deserto che Marco ci racconta viene sospinto e sorretto per quaranta giorni dallo Spirito.
Affronta la tentazione, convive con le fiere e viene servito dagli angeli. Nella solitudine dei monti di Giuda si aggiravano i lupi, si udiva il grido lacerante dello sciacallo, strisciavano i serpenti velenosi.
Tutti questi animali assumono un valore simbolico, sono le insidie che incontriamo ogni giorno della vita. Ci sconcerta e ci incoraggia il fatto che Gesù vive in mezzo a loro in piena armonia, come per ricreare l’orizzonte paradisiaco del giardino dell’Eden.




PERUGIA:Le unità pastorali: il nuovo volto di una Chiesa missionaria

 Direttorio Pastorale

Direttorio Pastorale
                "Come sono belle le tue tende!"

                  

LA DIOCESI PERUGINA INFORMA


LA PASTORALE GIOVANILE DI PERUGIA INFORMA



Veglia di Quaresima 2012

Ecco l’appuntamento di Quaresima con la
VEGLIA DEI GIOVANI
CON IL VESCOVO IN QUARESIMA
Giovedì 15 Marzo 2012
h. 20.45
Cattedrale di San Lorenzo (PG)
“Siate lieti nella speranza!” (Rm 12, 12)

domenica 19 febbraio 2012

PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini














SETTIMA DOMENICA
 DEL TEMPO ORDINARIO
19 Febbraio 2012



MONIZIONE AMBIENTALE

La liturgia di oggi attraverso le due dichiarazioni di Isaia “io cancello i tuoi peccati” e di Gesù “ti sono rimessi i peccati” , è il canto del perdono e della liberazione dal male fisico e sociale.
È un canto gioioso perché ha il suo segno simbolico nella guarigione del corpo.
È un perdono a cui veniamo indirizzati anche attraverso la carità dei fratelli che, come le quattro persone pronte a reggere la barella del paralitico, ci conducono a Gesù.
È un perdono che è dono supremo di Dio e del suo Cristo ma che esige anche una risposta umana di fede.

MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA

Siamo nel VI secolo a.C. il popolo di Dio si trova deportato in Babilonia, Ciro re di Persia permetterà i primi ritorni in Palestina. Per il profeta Isaia è l’inizio di una nuova era che stacca definitivamente il passato dal futuro. Dio stesso sarà a capo del corteo dei rimpatriati. La realtà più sconcertante di questa nuova stagione in cui le cose di prima impallidiscono è l’emergere prepotente dell’amore di Dio che cancella tutti i nostri peccati e non si ricorda più delle nostre colpe.

MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA

La difficile comunità di Corinto ha colpito Paolo con accuse, calunnie e ostilità, l’apostolo risponde presentando la figura del Cristo e del vero discepolo. Questi due ritratti si compendiano in una parola brevissima come un soffio, il SI. SI che vuol dire mettere la propria vita nelle mani di Dio, accogliendo pienamente la sua volontà. Ogni credente deve essere uomo del SI nel perdono, nella testimonianza e nella fede; così come lo è stato Paolo.

MONIZIONE AL VANGELO

Oggi assistiamo alla guarigione di un paralitico. Pur emergendo la dimensione corporale, che denota l’attenzione di Gesù nei confronti della sofferenza umana, è chiara la dimensione salvifica del gesto dove è tutto l’uomo ad essere liberato: il corpo dalla malattia, lo spirito dal peccato. Il potere di guarire i corpi è temporaneo e limitato, se non coinvolge l’uomo nelle più intime fibre del suo essere, nella sua umanità peccatrice. Gesù sceglie la via del perdono e ne fa intuire il primato rispetto a tutti gli altri doni.

sabato 18 febbraio 2012

QUARESIMA 2012

PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini














SETTIMA DOMENICA
 DEL TEMPO ORDINARIO
19 Febbraio 2012



MONIZIONE AMBIENTALE

La liturgia di oggi attraverso le due dichiarazioni di Isaia “io cancello i tuoi peccati” e di Gesù “ti sono rimessi i peccati” , è il canto del perdono e della liberazione dal male fisico e sociale.
È un canto gioioso perché ha il suo segno simbolico nella guarigione del corpo.
È un perdono a cui veniamo indirizzati anche attraverso la carità dei fratelli che, come le quattro persone pronte a reggere la barella del paralitico, ci conducono a Gesù.
È un perdono che è dono supremo di Dio e del suo Cristo ma che esige anche una risposta umana di fede.

MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA

Siamo nel VI secolo a.C. il popolo di Dio si trova deportato in Babilonia, Ciro re di Persia permetterà i primi ritorni in Palestina. Per il profeta Isaia è l’inizio di una nuova era che stacca definitivamente il passato dal futuro. Dio stesso sarà a capo del corteo dei rimpatriati. La realtà più sconcertante di questa nuova stagione in cui le cose di prima impallidiscono è l’emergere prepotente dell’amore di Dio che cancella tutti i nostri peccati e non si ricorda più delle nostre colpe.

MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA

La difficile comunità di Corinto ha colpito Paolo con accuse, calunnie e ostilità, l’apostolo risponde presentando la figura del Cristo e del vero discepolo. Questi due ritratti si compendiano in una parola brevissima come un soffio, il SI. SI che vuol dire mettere la propria vita nelle mani di Dio, accogliendo pienamente la sua volontà. Ogni credente deve essere uomo del SI nel perdono, nella testimonianza e nella fede; così come lo è stato Paolo.

MONIZIONE AL VANGELO

Oggi assistiamo alla guarigione di un paralitico. Pur emergendo la dimensione corporale, che denota l’attenzione di Gesù nei confronti della sofferenza umana, è chiara la dimensione salvifica del gesto dove è tutto l’uomo ad essere liberato: il corpo dalla malattia, lo spirito dal peccato. Il potere di guarire i corpi è temporaneo e limitato, se non coinvolge l’uomo nelle più intime fibre del suo essere, nella sua umanità peccatrice. Gesù sceglie la via del perdono e ne fa intuire il primato rispetto a tutti gli altri doni.

QUARESIMA 2012

CELEBRAZIONE DEL RITO
DELLE CENERI CON I RAGAZZI
CELEBRAZIONE DEL RITO
DELLE CENERI CON I RAGAZZI




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mercoledì 15 febbraio 2012

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012


«Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (Eb10,24)


Fratelli e sorelle

a Quaresima ci offre ancora una volta l'opportunità di riflettere sul cuore della vita
cristiana: la carità. Infatti questo è un tempo propizio affinché, con l'aiuto della
Parola di Dio e dei Sacramenti, rinnoviamo il nostro cammino di fede, sia personale
che comunitario. E' un percorso segnato dalla preghiera e dalla condivisione, dal
silenzio e dal digiuno, in attesa di vivere la gioia pasquale.
Quest’anno desidero proporre alcuni pensieri alla luce di un breve testo biblico
tratto dalla Lettera agli Ebrei: «Prestiamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci a
vicenda nella carità e nelle opere buone» (10,24). E’ una frase inserita in una
pericope dove lo scrittore sacro esorta a confidare in Gesù Cristo come sommo
sacerdote, che ci ha ottenuto il perdono e l'accesso a Dio. Il frutto dell'accoglienza di
Cristo è una vita dispiegata secondo le tre virtù teologali: si tratta di accostarsi al
Signore «con cuore sincero nella pienezza della fede» (v. 22), di mantenere salda «la
professione della nostra speranza» (v. 23) nell'attenzione costante ad esercitare
insieme ai fratelli «la carità e le opere buone» (v. 24). Si afferma pure che per
sostenere questa condotta evangelica è importante partecipare agli incontri liturgici
e di preghiera della comunità, guardando alla meta escatologica: la comunione
piena in Dio (v. 25). Mi soffermo sul versetto 24, che, in poche battute, offre un
insegnamento prezioso e sempre attuale su tre aspetti della vita cristiana:
l'attenzione all'altro, la reciprocità e la santità personale.


1. «Prestiamo attenzione»: la responsabilità verso il fratello.

Il primo elemento è l'invito a «fare attenzione»: il verbo greco usato è  katanoein,che significa osservare bene, essere attenti, guardare con consapevolezza, accorgersi di una realtà. Lo troviamo nel Vangelo, quando Gesù invita i discepoli a «osservare» gli uccelli del cielo, che pur senza affannarsi sono oggetto della sollecita e premurosa Provvidenza divina (cfr Lc 12,24), e a «rendersi conto» della trave che c’è nel proprio occhio prima di guardare alla pagliuzza nell'occhio del fratello (cfr Lc 6,41). Lo troviamo anche in un altro passo della stessa Lettera agli Ebrei, come invito a
«prestare attenzione a Gesù» (3,1), l'apostolo e sommo sacerdote della nostra fede.
Quindi, il verbo che apre la nostra esortazione invita a fissare lo sguardo sull’altro,
prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi
estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento
contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da
una parvenza di rispetto per la «sfera privata». Anche oggi risuona con forza la voce
del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci
chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni
caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo
bene. Il grande comandamento dell'amore del prossimo esige e sollecita la
consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è creatura e figlio di
Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a
vedere nell'altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. Se coltiviamo
questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la
compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore. Il Servo di Dio Paolo VI
affermava che il mondo soffre oggi soprattutto di una mancanza di fraternità: «Il
mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro
accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e
tra i popoli» (Lett. enc. Populorum progressio [26 marzo 1967], n. 66).
L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli
aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il
senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e
vince, perché Dio è «buono e fa il bene» (Sal 119,68). Il bene è ciò che suscita,
protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il
prossimo significa allora volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si
apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue
necessità. La Sacra Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito
da una sorta di «anestesia spirituale» che rende ciechi alle sofferenze altrui.
L’evangelista Luca riporta due parabole di Gesù in cui vengono indicati due esempi
di questa situazione che può crearsi nel cuore dell’uomo. In quella del buon
Samaritano, il sacerdote e il levita «passano oltre», con indifferenza, davanti
all’uomo derubato e percosso dai briganti (cfr Lc 10,30-32),e in quella del ricco

epulone, quest’uomo sazio di beni non si avvede della condizione del povero Lazzaro
che muore di fame davanti alla sua porta (cfr Lc 16,19). In entrambi i casi abbiamo a
che fare con il contrario del «prestare attenzione», del guardare con amore e
compassione. Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il
fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a
tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di
«avere misericordia» verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente
assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del
povero. Invece proprio l’umiltà di cuore e l'esperienza personale della sofferenza
possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all'empatia: «Il
giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione» (Pr
29,7). Si comprende così la beatitudine di «coloro che sono nel pianto» (Mt 5,4),
cioè di quanti sono in grado di uscire da se stessi per commuoversi del dolore altrui.
L'incontro con l'altro e l'aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di
beatitudine.
Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene
spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare
caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in
generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e
materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i
fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature
nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma
anche quella della sua anima per il suo destino ultimo. Nella Sacra Scrittura
leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà
ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo
stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr Mt
18,15). Il verbo usato per definire la correzione fraterna -elenchein-è il medesimo
che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una
generazione che indulge al male (cfr Ef 5,11). La tradizione della Chiesa ha
annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori».
E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna
tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per
rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune,
piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che
contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però,
non è mai animato da spirito di condanna o recrimina-zione;è mosso sempre


dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello.
L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo
Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere
tentato anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e
camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo
che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61),
come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi.
2. «Gli uni agli altri»: il dono della reciprocità.

Tale «custodia» verso gli altri contrasta con una mentalità che, riducendo la vita allasola dimensione terrena, non la considera in prospettiva escatologica e accetta
qualsiasi scelta morale in nome della libertà individuale. Una società come quella
attuale può diventare sorda sia alle sofferenze fisiche, sia alle esigenze spirituali e
morali della vita. Non così deve essere nella comunità cristiana! L’apostolo Paolo
invita a cercare ciò che porta «alla pace e alla edificazione vicendevole» (Rm 14,19),
giovando al «prossimo nel bene, per edificarlo» (ibid. 15,2), senza cercare l'utile
proprio «ma quello di molti, perché giungano alla salvezza» (1 Cor 10,33). Questa
reciproca correzione ed esortazione, in spirito di umiltà e di carità, deve essere parte
della vita della comunità cristiana.
I discepoli del Signore, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione
che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l'altro mi
appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza.
Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione:la nostra esistenza è
correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere
di amore hanno anche una dimensione sociale. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo,
si verifica tale reciprocità: la comunità non cessa di fare penitenza e di invocare
perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo e con giubilo per
le testimonianze di virtù e di carità che in essa si dispiegano. «Le varie membra
abbiano cura le une delle altre»(1 Cor 12,25), afferma San Paolo, perché siamo uno
stesso corpo. La carità verso i fratelli, di cui è un’espressione l'elemosina-tipica
pratica quaresimale insieme con la preghiera e il digiuno -si radica in questa
comune appartenenza. Anche nella preoccupazione concreta verso i più poveri ogni cristiano può esprimere la sua partecipazione all'unico corpo che è la Chiesa.
Attenzione agli altri nella reciprocità è anche riconoscere il bene che il Signore
compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che il Dio buono e
onnipotente continua a operare nei suoi figli. Quando un cristiano scorge nell'altro
l'azione dello Spirito Santo, non può che gioirne e dare gloria al Padre celeste (cfr Mt
5,16).
3. «Per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone»: camminare insieme
nella santità.
Questa espressione della Lettera agli Ebrei (10,24) ci spinge a considerare la
chiamata universale alla santità, il cammino costante nella vita spirituale, ad aspirare
ai carismi più grandi e a una carità sempre più alta e più feconda (cfr 1 Cor 12,31
13,13). L'attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore

effettivo sempre maggiore, «come la luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al
pomeriggio» (Pr 4,18), in attesa di vivere il giorno senza tramonto in Dio. Il tempo chei è dato nella nostra vita è prezioso per scoprire e compiere le opere di bene,
nell’amore di Dio. Così la Chiesa stessa cresce e si sviluppa per giungere alla piena
maturità di Cristo (cfr Ef 4,13). In tale prospettiva dinamica di crescita si situa la
nostra esortazione a stimolarci reciprocamente per giungere alla pienezza
dell'amore e delle buone opere.
Purtroppo è sempre presente la tentazione della tiepidezza, del soffocare lo Spirito,
del rifiuto di «trafficare i talenti» che ci sono donati per il bene nostro e altrui (cfr
Mt 25,25s). Tutti abbiamo ricevuto ricchezze spirituali o materiali utili per il
compimento del piano divino, per il bene della Chiesa e per la salvezza personale (cfr
Lc 12,21b; 1 Tm 6,18). I maestri spirituali ricordano che nella vita di fede chi non
avanza retrocede. Cari fratelli e sorelle, accogliamo l'invito sempre attuale a tendere
alla «misura alta della vita cristiana» (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio
ineunte [6 gennaio 2001], n. 31). La sapienza della Chiesa nel riconoscere e
proclamare la beatitudine e la santità di taluni cristiani esemplari, ha come scopo
anche di suscitare il desiderio di imitarne le virtù. San Paolo esorta: «gareggiate
nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10).
Di fronte ad un mondo che esige dai cristiani una testimonianza rinnovata di amore
e di fedeltà al Signore, tutti sentano l’urgenza di adoperarsi per gareggiare nella
carità, nel servizio e nelle opere buone (cfr Eb 6,10). Questo richiamo è
particolarmente forte nel tempo santo di preparazione alla Pasqua. Con l’augurio di
una santa e feconda Quaresima, vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria
e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

sabato 11 febbraio 2012

>> Guarda la diretta streaming di TV2000

11 febbraio, TV2000 trasmette in diretta da Lourdes la Messa
Sabato 11 febbraio 2012, alle ore 9.30, nella ricorrenza della prima apparizione della Vergine a Santa Bernadette, l’emittente televisiva TV2000 (canale 28 del digitale terrestre e canale 801 SKY) trasmetterà in diretta da Lourdes la celebrazione della Santa Messa, che sarà celebrata presso la Grotta di Massabielle da Mons. Jacques Perrier, Vescovo di Lourdes.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (11 FEBBRAIO 2012)

                                                                  «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17,19)


Cari fratelli e sorelle

In occasione della Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo il prossimo 11 febbraio 2012, memoria della Beata Vergine di Lourdes, desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza a tutti i malati che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie, esprimendo a ciascuno la sollecitudine e l'affetto di tutta la Chiesa. Nell'accoglienza generosa e amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica, sull'esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e spirituali dell'uomo per guarirle.

1. In quest'anno, che costituisce la preparazione più prossima alla Solenne Giornata Mondiale del Malato che si celebrerà in Germania l'11 febbraio 2013 e che si soffermerà sull'emblematica figura evangelica del samaritano (cfr Lc 10,29-37), vorrei porre l'accento sui «Sacramenti di guarigione», cioè sul Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, e su quello dell'Unzione degli Infermi, che hanno il loro naturale compimento nella Comunione Eucaristica.
L'incontro di Gesù con i dieci lebbrosi, narrato nel Vangelo di san Luca (cfr Lc 17,11-19), in particolare le parole che il Signore rivolge ad uno di questi: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (v. 19), aiutano a prendere coscienza dell'importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore. Nell'incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non è mai solo! Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel profondo il nostro cuore (cfr Mc 2 ,1-12).
La fede di quell'unico lebbroso che, vedendosi sanato, pieno di stupore e di gioia, a differenza degli altri, ritorna subito da Gesù per manifestare la propria riconoscenza, lascia intravedere che la salute riacquistata è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo; essa trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato. Chi, nella propria sofferenza e malattia, invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e che anche l'amore della Chiesa, prolungamento nel tempo della sua opera salvifica, non viene mai meno. La guarigione fisica, espressione della salvezza più profonda, rivela così l'importanza che l'uomo, nelsua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore. Ogni Sacramento, del resto, esprime e attua la prossimità di Dio stesso, il Quale, in modo assolutamente gratuito, «ci tocca per mezzo di realtà materiali …, che Egli assume al suo servizio, facendone strumenti dell'incontro tra noi e Lui stesso» (Omelia, S. Messa del Crisma, 1 aprile 2010). «L'unità tra creazione e redenzione si rende visibile. I Sacramenti sono espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia corpo e anima, l'uomo intero» (Omelia, S. Messa del Crisma, 21 aprile 2011).
Il compito principale della Chiesa è certamente l'annuncio del Regno di Dio, «ma proprio questo stesso annuncio deve essere un processo di guarigione: "... fasciare le piaghe dei cuori spezzati" (Is 61,1)» (ibid.), secondo l'incarico affidato da Gesù ai suoi discepoli (cfr Lc 9,1-2; Mt 10,1.5-14; Mc 6,7-13). Il binomio tra salute fisica e rinnovamento dalle lacerazioni dell'anima ci aiuta quindi a comprendere meglio i «Sacramenti di guarigione».

2. Il Sacramento della Penitenza è stato spesso al centro della riflessione dei Pastori della Chiesa, proprio a motivo della grande importanza nel cammino della vita cristiana, dal momento che «tutto il valore della Penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1468). La Chiesa, continuando l'annuncio di perdono e di riconciliazione fatto risuonare da Gesù, non cessa di invitare l'umanità intera a convertirsi e a credere al Vangelo. Essa fa proprio l'appello dell'apostolo Paolo: «In nome di Cristo ... siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). Gesù, nella sua vita, annuncia e rende presente la misericordia del Padre. Egli è venuto non per condannare, ma per perdonare e salvare, per dare speranza anche nel buio più profondo della sofferenza e del peccato, per donare la vita eterna; così nel Sacramento della Penitenza, nella «medicina della confessione», l'esperienza del peccato non degenera in disperazione, ma incontra l'Amore che perdona e trasforma (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsin. Reconciliatio et Paenitentia, 31).Dio, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), come il padre della parabola evangelica (cfr Lc 15,11-32), non chiude il cuore a nessuno dei suoi figli, ma li attende, li cerca, li raggiunge là dove il rifiuto della comunione imprigiona nell'isolamento e nella divisione, li chiama a raccogliersi intorno alla sua mensa, nella gioia della festa del perdono e della riconciliazione. Il momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla disperazione, può trasformarsi così in tempo di grazia per rientrare in se stessi e, come il figliol prodigo della parabola, ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell'abbraccio del Padre e ripercorrere il cammino verso la sua Casa. Egli, nel suo grande amore, sempre e comunque veglia sulla nostra esistenza e ci attende per offrire ad ogni figlio che torna da Lui, il dono della piena riconciliazione e della gioia.
3. Dalla lettura dei Vangeli, emerge chiaramente come Gesù abbia sempre mostrato una particolare attenzione verso gli infermi. Egli non solo ha inviato i suoi discepoli a curarne le ferite (cfr Mt 10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche istituito per loro un Sacramento specifico: l'Unzione degli Infermi. La Lettera di Giacomo attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana (cfr 5,14-16): con l'Unzione degli Infermi, accompagnata dalla preghiera dei presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché allevi le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spiritualmente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del Popolo di Dio. Tale Sacramento ci porta a contemplare il duplice mistero del Monte degli Ulivi, dove Gesù si è trovato drammaticamente davanti alla via indicatagli dal Padre, quella della Passione, del supremo atto di amore, e l'ha accolta. In quell'ora di prova, Egli è il mediatore, «trasportando in sé, assumendo in sé la sofferenza e la passione del mondo, trasformandola in grido verso Dio, portandola davanti agli occhi e nelle mani di Dio, e così portandola realmente al momento della Redenzione» (Lectio divina, Incontro con il Clero di Roma, 18 febbraio 2010). Ma «l'Orto degli Ulivi è ... anche il luogo dal quale Egli è asceso al Padre, è quindi il luogo della Redenzione ... Questo duplice mistero del Monte degli Ulivi è anche sempre "attivo" nell'olio sacramentale della Chiesa ... segno della bontà di Dio che ci tocca» (Omelia, S. Messa del Crisma, 1 aprile 2010). Nell'Unzione degli Infermi, la materia sacramentale dell'olio ci viene offerta, per così dire, «quale medicina di Dio ... che ora ci rende certi della sua bontà, ci deve rafforzare e consolare, ma che, allo stesso tempo, al di là del momento della malattia, rimanda alla guarigione definitiva, alla risurrezione (cfr Gc 5,14)» (ibid.).
Questo Sacramento merita oggi una maggiore considerazione, sia nella riflessione teologica, sia nell'azione pastorale presso i malati. Valorizzando i contenuti della preghiera liturgica che si adattano alle diverse situazioni umane legate alla malattia e non solo quando si è alla fine della vita (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1514), l'Unzione degli Infermi non deve essere ritenuta quasi «un sacramento minore» rispetto agli altri. L'attenzione e la cura pastorale verso gli infermi, se da un lato è segno della tenerezza di Dio per chi è nella sofferenza, dall'altro arreca vantaggio spirituale anche ai sacerdoti e a tutta la comunità cristiana, nella consapevolezza che quanto è fatto al più piccolo, è fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40).
4. A proposito dei «Sacramenti di guarigione» S. Agostino afferma: «Dio guarisce tutte le tue infermità. Non temere dunque: tutte le tue infermità saranno guarite... Tu devi solo permettere che egli ti curi e non devi respingere le sue mani» (Esposizione sul Salmo 102, 5: PL 36, 1319-1320). Si tratta di mezzi preziosi della Grazia di Dio, che aiutano il malato a conformarsi sempre più pienamente al Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo. Assieme a questi due Sacramenti, vorrei sottolineare anche l'importanza dell'Eucaristia. Ricevuta nel momento della malattia contribuisce, in maniera singolare, ad operare tale trasformazione, associando colui che si nutre del Corpo e del Sangue di Gesù all'offerta che Egli ha fatto di Se stesso al Padre per la salvezza di tutti. L'intera comunità ecclesiale, e le comunità parrocchiali in particolare, prestino attenzione nell'assicurare la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale a coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto. In tal modo, a questi fratelli e sorelle viene offerta la possibilità di rafforzare il rapporto con Cristo crocifisso e risorto, partecipando, con la loro vita offerta per amore di Cristo, alla missione stessa della Chiesa. In questa prospettiva, è importante che i sacerdoti che prestano la loro delicata opera negli ospedali, nelle case di cura e presso le abitazioni dei malati si sentano veri «"ministri degli infermi", segno e strumento della compassione di Cristo, che deve giungere ad ogni uomo segnato dalla sofferenza» (Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale del Malato, 22 novembre 2009). La conformazione al Mistero Pasquale di Cristo, realizzata anche mediante la pratica della Comunione spirituale, assume un significato del tutto particolare quando l'Eucaristia è amministrata e accolta come viatico. In quel momento dell'esistenza risuonano in modo ancora più incisivo le parole del Signore: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno» (Gv 6,54). L'Eucaristia, infatti, soprattutto come viatico è - secondo la definizione di sant'Ignazio d'Antiochia - «farmaco di immortalità, antidoto contro la morte» (Lettera agli Efesini, 20: PG 5, 661), sacramento del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre, che tutti attende nella Gerusalemme celeste.
5. Il tema di questo Messaggio per la XX Giornata Mondiale del Malato, «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!», guarda anche al prossimo «Anno della fede», che inizierà l'11 ottobre 2012, occasione propizia e preziosa per riscoprire la forza e la bellezza della fede, per approfondirne i contenuti e per testimoniarla nella vita di ogni giorno (cfr Lett. ap. Porta fidei, 11 ottobre 2011). Desidero incoraggiare i malati e i sofferenti a trovare sempre un'ancora sicura nella fede, alimentata dall'ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai Sacramenti, mentre invito i Pastori ad essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi. Sull'esempio del Buon Pastore e come guide del gregge loro affidato, i sacerdoti siano pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l'infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza (cfr S. Agostino, Lettera 95, 1: PL 33, 351-352). A quanti operano nel mondo della salute, come pure alle famiglie che nei propri congiunti vedono il Volto sofferente del Signore Gesù, rinnovo il ringraziamento mio e della Chiesa, perché, nella competenza professionale e nel silenzio, spesso anche senza nominare il nome di Cristo, Lo manifestano concretamente (cfr Omelia, S. Messa del Crisma, 21 aprile 2011). A Maria, Madre di Misericordia e Salute degli Infermi, eleviamo il nostro sguardo fiducioso e la nostra orazione; la sua materna compassione, vissuta accanto al Figlio morente sulla Croce, accompagni e sostenga la fede e la speranza di ogni persona ammalata e sofferente nel cammino di guarigione dalle ferite del corpo e dello spirito. A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

Benedictus PP XVI





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